L'anno che verrà e le lezioni della crisi pandemica
- Patrick Trancu
- 26 dic 2021
- Tempo di lettura: 7 min
Aggiornamento: 28 apr 2024
Alla soglia del 2022 dovremmo interrogarci su cosa abbiamo appreso dalla crisi pandemica. Molti Paesi hanno avviato una riflessione sui 24 mesi di Covid19 e stanno cercando di trarre qualche insegnamento da questa crisi sistemica. Ma non l'Italia.
In un’intervista di fine anno e di fine mandato ripresa dal sito Ticino Online il Presidente della Confederazione Svizzera Guy Parmelin ha dichiarato che il Paese deve analizzare le debolezze del federalismo nei momenti di crisi, in modo da essere meglio attrezzato per il futuro indicando chiaramente che è necessario imparare dalla pandemia di coronavirus traendo i necessari insegnamenti.
Si tratta di un’esplicita ammissione e presa di coscienza da parte dei vertici politici che il Paese, come d’altro canto molti altri Italia inclusa, non è preparato ad affrontare le sfide poste dalle crisi sistemiche del XXI secolo.
L’elemento di novità delle crisi del nostro secolo, è utile ricordarlo, risiede nell’ipercomplessità della società contemporanea. Le crisi oggi, a differenza del passato, non sono più lineari, tendono a essere sistemiche e fuori contesto. Frutto della concatenazione di eventi o della loro contemporaneità, generano effetti a cascata e abbracciano o generano un numero crescente di problematiche complesse in spazi e dimensioni diverse. Non a caso il Presidente della Svizzera ha citato la necessità per il suo Paese di essere pronto ad affrontare scenari peggiori quali ad esempio quelli generati da due crisi contemporanee: una pandemia e una carenza di energia elettrica.
Federalismo e gestione di crisi
Uno dei temi toccati da Parmelin è stato quello del federalismo in situazioni di crisi. Una problematica comune a diversi paesi che hanno uno Stato federale (ad es. Svizzera, Germania, Stati Uniti) o che si ispirano a modelli di maggiore autonomia regionale (es. Italia e Spagna) e che è chiaramente emersa nel corso di questi due anni di gestione della crisi pandemica.
Dice Parmelin che il federalismo rimane uno dei pilastri portanti della Svizzera, ma che tuttavia proprio in momenti di crisi il sistema può rivelarsi «complicato». Più che complicato forse la parola «complesso» sarebbe stata più appropriata ma poco cambia. I problemi sul tavolo, sottolinea il Presidente della Svizzera sono due: la collaborazione tra i diversi livelli dello Stato e la lentezza dei processi decisionali.
Collaborazione e coordinamento, i problemi sul tavolo
Le parole di Guy Parmelin non devono sorprendere. Mentre diversi Paesi tra cui l’Italia continuano ad ignorare le lezioni della crisi pandemica e ignorano la necessità di avviare una seria e urgente riflessione, altri tra cui Germania e Svizzera si stanno seriamente interrogando su come migliorare la propria capacità di risposta alle crisi sistemiche del XXI Secolo.
In questo recente articolo , Benjamin Scharte, responsabile del Risk and Resilience Team presso il Center for Security Studies (CSS) del Politecnico di Zurigo, ha messo in evidenza come, sotto il profilo della gestione di crisi, un approccio a “silos” risulti del tutto inadeguato.
“La ricerca nei sistemi complessi, nei rischi sistemici e nella resilienza dimostra che per gestire con successo questi eventi, il coordinamento gioca un ruolo chiave. (…) Il coordinamento permette infatti ai crisis manager che operano presso diverse autorità o livelli dello Stato di identificare le interdipendenze e possibili effetti a cascata che possono abbracciare i rispetti settori di competenza”.
Seppure secondo Scharte non sia possibile dare vita ad un organismo centralizzato che possa gestire situazioni complesse è comunque necessario assegnare e definire le responsabilità per stabilire adeguati punti di coordinamento che prescindono dalla problematica specifica che si è chiamati ad affrontare.
Si pone quindi un problema di collaborazione, come dice il Presidente Parmelin, e di coordinamento come sottolinea Scharte tra i diversi livelli dello Stato e tra le diverse autorità che lo compongono. Problemi questi che si sono ampiamente evidenziati anche nella gestione di crisi da parte delle istituzioni italiane come abbiamo scritto ne “Lo Stato in Crisi. Pandemia, caos e domande per il futuro”. <2>
Il rapporto centro-periferia
Interrogarsi sul rapporto Stato-Regioni (o Stato-Cantoni) in una situazione di crisi è sicuramente una priorità del prossimo futuro. Il Presidente Parmelin ha messo in evidenza le problematiche associate al “rallentamento” dei processi decisionali quando il Consiglio Federale deve sottoporre ai Cantoni, attraverso un processo di consultazione formalizzato, nuove misure. Rallentamenti che come ben sappiamo possono, in una situazione di crisi, essere determinanti.
Nel caso dell’Italia non solo non esiste un processo formalizzato di consultazione e coordinamento definito per legge tra Stato e Regioni in situazioni di crisi, ma l’evento pandemico ha messo a nudo tutte le contraddizioni dell’attuale assetto legislativo mostrandone la completa inadeguatezza rispetto alle esigenze di gestione di eventi critici inattesi. Secondo Giuseppe Piperata, Professore ordinario di diritto amministrativo all’Università Iuav di Venezia e tra i co-autori de "Lo Stato in Crisi"
“è’ mancato sicuramente un quadro ordinamentale chiaro e stabile di ripartizione di ruoli e compiti. E’ mancata tra gli attori istituzionali anche la capacità di cooperare nei luoghi a ciò deputati oppure affidandosi al principio di leale collaborazione, valore talmente elastico che sarebbe stato possibile invocare per dare copertura a molteplici iniziative o azioni condivise”.
Già nel lontano 2004 il Prefetto Palmieri<2>, riferendosi alla riforma “federale” dello Stato italiano, metteva in guardia segnalando che il decentramento istituzionale “può comportare il rischio per lo Stato di non essere in grado di assicurare il necessario coordinamento in occasione di crisi che attentano alla sicurezza della nazione”<3>.
Potenziali difficoltà di coordinamento anche, sempre secondo Palmieri, con i gestori di infrastrutture critiche che a causa dei processi di deregulation, privatizzazione e internazionalizzazione dell’economia avviati negli anni 1990 sono uscite dal perimetro “pubblico” e che rispondo oggi a logiche di mercato.
Fatto, questo, messo in evidenza anche dagli attuali costanti appelli rivolti dal mondo della sicurezza digitale rispetto alla necessità di avviare una seria e concreta collaborazione pubblico-privato per quanto riguarda le minacce informatiche e le crisi sistemiche che vi possono trovare origine.
Ripensare il “sistema” Italia
Interrogarsi sul ruolo delle strutture esistenti è cosa buona e saggia. L’Italia ha affrontato la sfida pandemica affidandosi all’unica struttura normata per legge per la gestione delle emergenze ovvero al sistema di Protezione civile. Questo sistema è stato attivato attraverso la dichiarazione dello Stato di emergenza del 31.01.2020. Tuttavia, come abbiamo ampiamente spiegato<1> la gestione dell’emergenza è cosa diversa rispetto alla gestione di crisi poiché mentre l’emergenza rientra tra i sistemi ordinati dove vi è un chiaro rapporto di causa-effetto e un’evoluzione lineare, le crisi rientrano nei sistemi complessi che tendono a sfociare nel caotico dove non esistono soluzioni ottimali e nelle quali non vi è nessun rapporto lineare di causa-effetto. Ne consegue che non solo l’attitudine mentale alla loro gestione è fondamentalmente diversa ma anche che gli schemi organizzativi non possono essere gli stessi.
In assenza di strumenti attuativi, il DPCM del 5 maggio 2010 che definisce invece come lo Stato italiano è organizzato per rispondere alle crisi è rimasto chiuso in un cassetto. Elementi questi che concorrono, così come molti altri, all’idea che anche l’Italia debba avviare una riflessione per giungere a dotarsi rapidamente di una legislazione primaria per la gestione delle crisi. Tale quadro normativo non può prescindere da un serio “post-mortem” e da una presa di coscienza da parte del legislatore e della classe politica dei limiti oggettivi della situazione attuale.
Anche la Germania, come l’Italia, dispone della Difesa civile (BBK), cosa diversa rispetto alla Protezione civile. Questa, nonostante possa essere attivata dagli Stati (Bundesländer) per assicurare il necessario coordinamento delle misure di risposta in caso di eventi catastrofici che non possono essere gestiti a livello dei Länder, è stata messa in un angolo lasciando la responsabilità della gestione di crisi agli stessi Bundesländer e al Ministero della Salute (BMG) in coordinamento con il Robert Koch Institute – RKI ovvero l’istituto superiore di sanità tedesco. Questa scelta ha avuto come conseguenza una mancanza di coordinamento tra gli stakeholder a livello federale (orizzontale) e tra il livello federale e i Bundesländer (verticale).<2>
Per rispondere alla sfida del coordinamento la Germania ha deciso di avviare un processo di riforma delle autorità preposte alla gestione di crisi affidando alla Difesa civile (BBK) il compito di coordinare la risposta a crisi complesse. In quest’ottica i tedeschi stanno ragionando sulla costituzione all’interno della BBK di un Centro di Competenza Congiunta per la Protezione Civile<3> che possa svolgere un ruolo di “piattaforma di coordinamento e comunicazione per uno scambio di informazioni continuo e istituzionalizzato prima, durante e dopo una crisi”. La Difesa civile ospiterebbe il centro ma il Centro stesso non ne farebbe tuttavia parte. Obiettivo del Centro di Competenza Congiunta per la Protezione Civile è quello di demolire le strutture a silos esistenti all’interno e tra amministrazioni ai diversi livelli dello Stato.
Caro amico, guardando al 2022, ti scrivo...
Il 2022 non può vederci esclusivamente focalizzati sull’elezione del prossimo Presidente della Repubblica su quella del prossimo Presidente del Consiglio, sulle possibili elezioni politiche e su come spendere i soldi del Recovery plan. Deve invece costituire il punto di partenza di un’ampia riflessione su come il nostro Paese pensa di organizzarsi e prepararsi per affrontare le sfide sistemiche di questo secolo.
E’ urgente riflettere sulle strutture organizzative e sulla governance della gestione di crisi e definire una legislazione primaria specifica. Sarà poi necessario pensare a come formiamo i politici, i burocrati e i cittadini che saranno chiamati a gestirle.
Cantava Lucio Dalla:
Caro amico, ti scrivo, così mi distraggo un po' E siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò Da quando sei partito c'è una grande novità L'anno vecchio è finito, ormai Ma qualcosa ancora qui non va Si esce poco la sera, compreso quando è festa E c'è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra E si sta senza parlare per intere settimane E a quelli che hanno niente da dire Del tempo ne rimane(...) L'anno che sta arrivando tra un anno passerà Io mi sto preparando, è questa la novità (Lucio Dalla, L'Anno che verrà)
Il 2022 tra un anno passerà. Se potessimo cantare insieme che ci stiamo tutti “preparando” questa sarebbe veramente una bella novità.
<2> Scharte, B. “COVID-19: Germany rethinks civil protection”, CSS Analysis in Security Policy, N. 287, luglio 2021, pp.1
<3> Scharte, B. “COVID-19: Germany rethinks civil protection”, CSS Analysis in Security Policy, N. 287, luglio 2021, pp.3
<1> Piperata, G. “I poteri locali e la crisi pandemica”, in “Lo Stato in Crisi. Pandemia, caos e domande per il futuro” a cura di Trancu, P., Franco Angeli (2021), p. 407.
<2> Trancu, P. “I limite del sistema di gestione di crisi italiano”, in “Lo Stato in Crisi. Pandemia, caos e domande per il futuro” a cura di Trancu, P., Franco Angeli (2021).
<3> Trancu, P. “I limite del sistema di gestione di crisi italiano”, in “Lo Stato in Crisi. Pandemia, caos e domande per il futuro” a cura di Trancu, P., Franco Angeli (2021), p. 161.
<1> Scharte, B. “COVID-19: Germany rethinks civil protection”, CSS Analysis in Security Policy, N. 287, luglio 2021.
<2> Trancu, P. a cura di, “Lo Stato in Crisi. Pandemia, caos e domande per il futuro”, Franco Angeli (2021).