Oggi, secondo quanto riportato dai quotidiani, il CDA straordinario convocato da Atlantia dovrebbe accettare le dimissioni dell’AD Giovanni Castellucci che solo settimana scorsa appariva saldo in sella con in tasca un rinnovo triennale del proprio contratto. Che cosa è successo nelle ultime 72 ore per far precipitare la situazione? E cosa è successo alla strategia di crisis management adottata?
Sostanzialmente la concatenazione di diversi eventi che hanno ridato vigore ad una crisi, quella nata dal crollo del Ponte Morandi di fatto non risolta.
La Concatenazione degli Eventi
La crisi Autostrade/Atlantia si è violentemente riaperta durante il weekend a seguito di diversi eventi concatenati. In primo luogo le azioni della Procura della Repubblica di Genova che venerdì 13 settembre ha disposto nove misure cautelari nell’ambito dell’inchiesta bis riguardante i report “ammorbiditi” sulle condizioni dei viadotti gestiti da Autostrade.
Da un lato l’evento è stato cavalcato dal nostro Ministro degli Esteri e capo politico del M5S Luigi di Maio che è immediatamente tornato a parlare di ritiro di tutte le concessioni autostradali del Gruppo smorzando così il cauto ottimismo instillato nei giorni scorsi dal Premier Conte che aveva parlato di semplice “revisione”. Dall’altro ha portato il CDA di SPEA Engineering, la controllata di Autostrade per le manutenzioni, a rendersi “disponibile a rimettere il proprio mandato” sospendendo nel contempo 4 dipendenti finiti nell’inchiesta. Il combinato disposto ha logicamente spaventato gli azionisti e il titolo Atlantia – che da quel drammatico 14 agosto 2018 aveva recuperato i livelli pre tragedia – ha lasciato sul terreno in due sedute di borsa quasi il 20% di capitalizzazione.
“Non c’è prezzo per l’incertezza non si può più investire su Atlantia”, commento di un fondo esterno riportato da Repubblica di questa mattina.
La Presa di Posizione di Atlantia e di Edizione
Imparata – tardivamente ahimè – la lezione dell’agosto scorso, sia Atlantia sia Edizione hanno tempestivamente avviato un processo di comunicazione. La prima con un comunicato stampa che annuncia l’avvio di un audit interno, la seconda con un comunicato nel quale la società annuncia che “prenderà senza esitazione e nell’immediato tutte le iniziative doverose e necessarie, anche a salvaguardia della credibilità, reputazione e buon nome dei suoi azionisti e delle aziende controllate e partecipate”.
Le Dimissioni di Giovanni Castellucci
L’epilogo delle ultime 72 ore potrebbe giungere oggi quando Giovanni Castellucci, uomo di fiducia della famiglia Benetton e AD di Atlantia dovrebbe, secondo indiscrezioni di stampa, presentare le proprie dimissioni. Dimissioni ormai apparentemente inevitabili alla luce dell’inchiesta “bis” della Procura della Repubblica che mettono in evidenza un chiaro problema di governance del Gruppo.
Persa la fiducia del mercato e messa alle stretta dagli eventi e dalla necessità di fornire nuove rassicurazioni gli azionisti la Famiglia Benetton, secondo quanto riporta Repubblica questa mattina, avrebbe deciso di dare “un segnale di discontinuità che comporta il sacrificio del manager che negli ultimi 14 anni ha fatto grande Atlantia in Italia e all’estero”.
Giovanni Castellucci, passato apparentemente indenne dagli eventi del 2018, sarebbe a questo punto obbligato obtorto collo a lasciare.
L’Illusione di una Crisi Risolta
Non è dato sapere se nel corso degli ultimi 400 giorni il gruppo dirigente di Atlantia e la Famiglia Benetton abbiano vissuto nell’illusione che la crisi scatenatasi con il drammatico crollo del Ponte Morandi fosse sulla strada della risoluzione forte anche dei 500 milioni spesi ad oggi da Autostrade.
Se da un lato infatti il Gruppo non sembra essere stato in grado di ricucire lo strappo con la città di Genova e con i famigliari delle vittime, come chiaramente evidenziato dalla contestazione subita dal gruppo dirigente a Genova in occasione del primo anniversario del crollo del Morandi, dall’altro i segnali potevano sembrare incoraggianti. Ma forse illusori. In borsa il titolo Atlantia stava recuperando i valori pre crollo, il governo giallo-verde era improvvisamente imploso sulle note del Papeete, il Presidente del Consiglio si era pubblicamente dimostrato più conciliante eliminando dal proprio lessico la parola “revoca” e sostituendola con “revisione”, quest’ultima sicuramente frutto dell’attività di “relazione” dell’azienda e dell’impegno di quest’ultima sul dossier Alitalia. Certo giocavano a favore del Gruppo sia la durata di un potenziale contenzioso con lo Stato sia le eventuali penali a carico dello stesso stimate da diversi osservatori in circa 20 miliardi di euro.
Si potrebbe quindi argomentare che sotto il profilo del crisis management il lavoro svolto durante la fase di “recovery” fino a venerdì scorso avesse, in qualche modo complice anche la fortuna, portato se non alla vera e propria risoluzione della crisi perlomeno a vedere la luce in fondo al tunnel. Così non è stato. Perché?
Un Problema di Fondo
A ben guardare le decisioni prese da Edizione ed Atlantia nel corso delle ultime 72 ore giungono 400 giorni in ritardo. La “discontinuità” auspicata oggi dalla Famiglia Benetton e l’audit interno affidato a consulenti esterni da parte di Atlantia avrebbero dovuto essere la naturale conseguenza del drammatico crollo del Ponte e una delle prime azioni di crisis management adottate da Atlantia. Il condizionale è qui d’obbligo poiché aziende del calibro di Boeing hanno scelto – mio personale giudizio erroneamente – di seguire la stessa strada non apportando alcuna modifica alla propria organizzazione a seguito di eventi critici.
La riorganizzazione delle società operative con la nomina di nuovi dirigenti e l’avvio di una fase rigorosa di audit interno di tutte le società controllate avrebbero probabilmente evitato che le società del Gruppo finissero nuovamente nell’occhio dei ciclone. Difficile infatti difendersi dall’accusa mossa dalla Procura di Genova che “dopo la tragedia di Genova i tecnici di Autostrade e Spea hanno continuato a “ammorbidire” i risultati delle misurazioni sullo stato di salute dei tratti in questione” senza poter dimostrare di aver intrapreso azioni di governance che lo potessero evitare.
L’importanza della Preparazione alla Gestione di Crisi
La preparazione alla gestione di crisi serve ad aiutare i manager a navigare in un universo fortemente dinamico e incerto quale è quello della crisi.
In situazioni critiche inattese cultura aziendale, bias cognitivi, personalità dei manager, stati emotivi, superficialità possono trasformarsi in ostacoli insormontabili. E’ pertanto importante prendere coscienza di tutti questi elementi apprendendo metodologie che aiutato a ridurre le incertezze, a valutare gli scenari e a costruire organizzazioni più coese e resilienti.
Non finisce qui…
Per Atlantia e Autostrade ovviamente non finisce qui. Diversi iceberg navigano infatti minacciosi all’orizzonte.
Articoli precedenti
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- Gestione di crisi: 6 riflessioni a 43 giorni dal crollo del Ponte Morandi (ottobre 2018)
- Torno ahimè a parlare di Ponte Morandi, crisi e social media (novembre 2018)