In questi ultimi sei mesi ne abbiamo viste di tutti i colori, è il caso di scriverlo, sulla gestione della crisi Covid-19 da parte del Governo italiano. Ora siamo giunti alla fase del “miraggio” nella quale qualcuno pensa che la crisi sia finita.
Si tratta appunto di un miraggio come mette bene in evidenza oggi il sociologo Giuseppe De Rita sul Corriere citando l’impreparazione della classe politica a gestire la crisi, quella sociale ed economica in arrivo in autunno. Anche Sabino Cassese non lesina critiche al Governo prendendo di mira il prolungamento dello Stato di Emergenza.
Protrarre lo stato di emergenza costituisce una forzatura, sia illegittima, sia inopportuna. Illegittima perché dichiarare lo stato di emergenza quando un’emergenza non c’è, vuol dire adottare un atto amministrativo carente del suo presupposto. Inopportuna perché produce tensioni invece di invitare alla normalità, con gravi conseguenze per l’economia. Inoltre, è anche sproporzionata, perché per acquistare i banchi monoposto e le mascherine per le scuole — queste le motivazioni addotte per spiegare la proroga dell’emergenza — vi sono procedure urgenti, previste dalle norme esistenti. Infine, qualora veramente si presentasse una situazione di emergenza, che richiede interventi rapidi, in non più di un’ora si potrebbe riunire il Consiglio dei ministri, a cui spetta la dichiarazione dello stato di emergenza.
Sabino Cassese, Corriere della Sera 29 luglio 2020
Gestire la Crisi fino alla Fine
Complici l’estate, il clima vacanziero e il movimento anti-mascherina nel quale è incautamente inciampato ieri anche Andrea Bocelli il Paese si crogiola nella falsa illusione che la crisi Covid19 sia effettivamente finita. Sarebbe invece molto più utile, come sottolinea De Rita, preparare il Paese per quello che ci attende in autunno e, nel contempo, interrogarci su dove esattamente ci troviamo nel ciclo della crisi e sull’opportunità di alcune scelte, quali ad esempio proprio quella di prolungare lo stato di emergenza.
“La crisi” scrive Patrick Lagadec, “è un processo dinamico”. Inizia solitamente con un picco che viene raggiunto in maniera più o meno rapida e che coglie l’organizzazione impreparata di sorpresa, prosegue su un plateau per un periodo di tempo indefinibile nel quale troppi sono al lavoro compromettendo così l’efficienza della risposta. Segue poi una fase più o meno lunga (può durare anche anni) di risoluzione. In quest’ultima fase l’organizzazione è sfinita.
Questo se la crisi segue una dinamica più o meno lineare. Può anche darsi infatti che nella fase di plateau subentrino eventi concatenati o contemporanei che portano la crisi a raggiungere nuovi picchi.
In una situazione di crisi, capire dove ci si trova è logicamente molto importante. Per citare un esempio concreto la campagna di comunicazione #milanononsiferma è stata un’ottima idea. Peccato sia stata lanciata il 27 febbraio, con almeno 6 mesi di anticipo rispetto al ciclo della crisi. In pratica uno sforzo inutile se non addirittura controproducente.
I 4 errori da evitare
Questa logicamente è una domanda alla quale è difficile rispondere. Spiega tuttavia sempre Patrick Lagadec che ci sono 4 errori che bisognerebbe evitare:
- Non fermarsi prima che la crisi sia stata effettivamente risolta. Forte è la tentazione di abbassare la guardia prima che la crisi si sia effettivamente conclusa, soprattutto se si materializzano barlumi di speranza come ad esempio il calo degli contagi, dei morti e dei ricoveri o si alimenta la speranza di un vaccino. Lo stesso Sabino Cassese scrive “Torniamo alla normalità, ma non abbassiamo le difese”
- Non confondere la fine della gestione tecnica (eg. sanitaria) con la fine della crisi. Certamente le terapie intensive dei nostri ospedali si sono svuotate e i numeri dei contagi sono in calo rispetto ai mesi trascorsi. Ma questo non significa che la crisi sia terminata. Altre dimensione della crisi, come scrive De Rita e come dico sin dal mese di marzo, non tarderanno a solcare il palcoscenico.
- Non mantenere in vigore misure (straordinarie) più del necessario. Evitare di “prolungare artificialmente una crisi perché si esita a liberarsi dall’atmosfera di eccezionalità e tutto quello che ne consegue ovvero il senso di sfida e maggiore libertà operativa che essa assicura“.
- Non confondere la fine della crisi con la fine delle problematiche da risolvere. La luce dei riflettori e l’attenzione mediatica si spostano su altre questioni ma i problemi restano irrisolti.
In conclusione…
La classe politica e di Governo sembra impegnata a fare i conti sui propri numeri in Parlamento e a pensare all’elezione del Presidente della Repubblica oltre a discutere di elezioni regionali e mascherina sì mascherina no. Si litiga anche sugli aiuti europei senza avere un piano strategico per spenderli anche se “per fortuna” la Task Force Colao ha prodotto una specie di libro dei sogni che qualcuno avrà sicuramente già riposto in un cassetto.
Intanto il Governatore della Lombardia Attilio Fontana incappa in qualche problemino giudiziario legato a forniture Covid19 e il Ministro Azzolina a 7 settimane dalla ripresa della scuola è impegnata a pensare ai banchi con le rotelle.
Distratti da questi avvenimenti viviamo il miraggio che la crisi Covid19 sia finita. In realtà prosegue seguendo percorsi e dinamiche a noi poco visibili. Non fatevi dunque false illusioni.
Articoli precedenti Covid-19
- Coronavirus quando le crisi ci toccano da vicino (3 marzo 2020)
- Gli esperti di comunicazione di crisi e il Coronavirus (6 marzo 2020)
- Sette idee per i Capitani delle Navi in Zona Protetta (11 marzo 2020)
- Coronavirus: gli errori del Governo nella gestione crisi (13 marzo 2020)
- Cultura della Crisi: in Italia manca (15 marzo 2020)
- Il fascino discreto delle Task Force Covid-19 (22 aprile 2020)
- Gestione di crisi e Covid-19: sfatiamo 2 false narrazioni (23 aprile 2020)
- Istituzioni, fiducia e gestione di crisi Covid-19 in 7 paesi (7 maggio 2020)
- Magistratura apre indagine su gestione di crisi Covid-19 (12 giugno 2020)
- Gestione crisi Covid-19: i segnali persi (1 luglio 2020)