Crisi e blogosfera

Basta una mail per creare una crisi

Il 16 maggio una mail pirata è costata alla Apple un tonfo in borsa del 2%. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore del 20 maggio, “nella missiva elettronica, camuffata come una comunicazione interna della compagnia e pubblicata da Engadget.com (uno dei siti di fai dei prodotti mondo Apple), si annunciava non solo il rinvio ad ottobre di iPhone (l’approvazione da parte della FCC è arrivata il 19 maggio – ndr) ma che lo slittamento da ottobre a gennaio 2008 di Leopard, il nuovo sistema operativo in via di completamento per i computer Mac. Informazioni negative costate al titolo in settimana una brusca frenata sul mercato. Gli analisti di Ben Stearns hanno poi contribuito a sostenere i corsi del titolo spiegando giovedì di stimare il rispetto dei tempi oltre a reiterare il giudizio di outperform dopo un incontro con il management della compagna. Sull’episodio, nonostante i no comment ufficiali, starebbe cercando di far luce anche la Securities and Exchange Commission (Sec), la Consob americana.”.

La blogosfera è oggi composta da circa 70 milioni di blog letti da una popolazione di circa 110 milioni di lettori. Difficile riuscire a tenere sotto controllo questo universo digitale. L’evento che ha colpito Apple si presta tuttavia a qualche riflessione:

a) Dal punto di vista aziendale ci sono due tipologie di blog che devono essere monitorati costantemente: i blog dei fan, e i blog di quanti viceversa detestano la marca. E’ infatti a questi due estremi che si può scatenare una situazione di crisi.

b) La tecnologia RSS permette di ricevere in tempo reale aggiornamenti da blog e siti. E’ quindi possibile reagire con velocità. Ma è necessario avere più di una persona in azienda connessa ai feed.

c) In fase di risk analysis, la blogosfera e il mondo digitale non possono più essere ignorati.

d) Nel caso specifico Apple si è mossa tempestivamente. Possiamo intuire che presa coscienza del problema e valuto il rischio al fine di tranquillizzare i mercati la società abbia o convocato una call conference con gli analisti o attivato Ben Stearns affinchè prendesse pubblicamente una posizione di supporto al titolo. I “no comment” citati nell’articolo farebbero pensare che si è preferito utilizzare uno stakeholder chiave e autorevole come un analista finanziario (Ben Stearns) per rispondere indirettamente alla pressione dei media piuttosto che rispondere dirattamente alle domande dei giornalisti. Una strategia intelligente ma che presuppone che l’azienda sia pronta a muoversi tempestivamente e che abbia un dialogo aperto e trasparente con i principali stakeholder.

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