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Pandemie senza confini: perché l’Italia ha sbagliato a non firmare il nuovo accordo OMS

Se c’è una lezione che la pandemia da Covid-19 ci ha lasciato, è questa: virus e patogeni non conoscono confini né riconoscono sovranità nazionali. A fronte di minacce sanitarie globali come l pandemie, serve una risposta globale. Il secondo insegnamento è altrettanto evidente: la salute dei cittadini può essere tutelata solo attraverso coordinamento, cooperazione e trasparenza tra i Paesi. Questo spiega perché in sede OMS è stato sottoscritto un nuovo accordo per la gestione delle pandemie.


Alla luce di queste evidenze, la decisione dell’Italia di astenersi – insieme a Russia, Iran, Israele, Polonia, Slovacchia, Bulgaria, Giamaica, Romania, Paraguay e Guatemala – dal voto sul nuovo Accordo pandemico dell’OMS, approvato il 20 maggio a Ginevra con 124 voti favorevoli, desta preoccupazione più che sorpresa.


Delegati seduti alla riunione plenario dell'OMS a Ginevra.
Riunione plenario dell'OMS a Ginevra. Foto WHO / Pierre Albouy

Un accordo frutto di anni di lavoro

Il documento in questione – sviluppato in tre anni di negoziati – non impone alcun obbligo vincolante. Non introduce vaccinazioni obbligatorie né limita le libertà personali. Stabilisce invece principi condivisi, approcci operativi e strumenti per migliorare il coordinamento internazionale nella prevenzione, preparazione e risposta alle pandemie. Esattamente ciò che è mancato – e ci è costato caro – nella prima fase del Covid-19.


Le ragioni di un’astensione ingiustificabile

Il governo italiano ha giustificato l’astensione in nome della “tutela della sovranità nazionale”. Ma se la sovranità serve a garantire la sicurezza e il benessere dei cittadini, come può escludere una collaborazione strutturata con gli altri Paesi in caso di emergenza sanitaria globale?


La scelta italiana sembra piuttosto strizzare l’occhio, in chiave elettorale, al 5% di cittadini italiani contrari ai vaccini, che con le loro posizioni mettono a rischio il restante 95%.


Un piano pandemico “parallelo” che non convince

C’è poi un secondo possibile motivo dietro l’astensione: la presenza di un piano pandemico nazionale, attualmente in bozza, intitolato “Piano strategico operativo di preparazione e risposta a una pandemia da patogeni a trasmissione respiratoria a maggiore potenziale pandemico”, valido per il periodo 2025–2029.


Paradossalmente, questo piano dichiara di ispirarsi alle linee guida internazionali (incluso l’OMS), salvo poi “adattarle” al contesto italiano, con l’ormai consueto riferimento alla tutela delle libertà individuali.


Peccato che, secondo quanto riportato da ANSA il 23 aprile 2025, le Regioni abbiano bocciato il piano, giudicandolo:

• “eccessivamente discorsivo, ridondante e di difficile consultazione”;

• privo di una “catena di comando chiara e definita”;

• eccessivamente verboso, con la richiesta di “renderlo molto più sintetico e schematico”.


Un’occasione persa

In definitiva, l’astensione italiana rappresenta un’occasione persa. La lezione del Covid-19 sembra ancora non essere stata metabolizzata, e prevale un approccio miope e autoreferenziale. In un mondo interconnesso, nessun Paese può gestire da solo una pandemia. E non firmare un accordo di principio come quello dell’OMS indebolisce proprio quella capacità di prevenzione e risposta di cui ci sarebbe, al contrario, un urgente bisogno.


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