Immagine, percezione e Ponte Morandi
- Patrick Trancu
- 22 mag 2023
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 27 apr 2024
Non credo di essere l'unico ad aver trovato sconcertanti le dichiarazioni rese da Gianni Mion, "lo storico braccio destro della famiglia Benetton", e riportate questa mattina dal Corriere della Sera. Le sue parole mi hanno portato a riflettere sulla parola "immagine", sulla "percezione" e su quello che in realtà più che proiettare nasconde.

Nel corso degli anni le aziende investono in "immagine". L'immagine non è la realtà. L'immagine è la creazione di una percezione. E siccome la percezione è realtà, l'immagine diventa per ciascuno di noi realtà.
L'immagine è un caleidoscopio composto dalla qualità dei prodotti/servizi; dal servizio clienti; dalla "reputazione" (anch'essa frutto di un lavoro di costruzione); dalle pratiche aziendali; dall'identità visiva dell'azienda inclusa la pubblicità. Alcune di queste leve rappresentano elementi di realtà (ad esempio il servizio clienti, o funziona o non funziona) altre invece sono artificiali e servono a "costruire" ad arte una percezione. E' il caso delle grandi campagne pubblicitarie Benetton firmate da Olivero Toscani.
I grandi gruppi investono in "immagine" e così ciascuno di noi crede che dietro ad un grande gruppo ci sia una grande sostanza (manageriale e imprenditoriale). Le storie di Parmalat e di Autostrade (incluse Benetton e Atlantia) e molte altre, ci dimostrano come in realtà l'immagine costruita a tavolino, senza valori autentici e senza un management capace, sia un edificio dalle fondamenta deboli destinato a crollare rovinosamente alla prima crisi. Rivelando nel crollo la vera natura di impresa e imprenditori.
Avevamo già avuto ampia testimonianza dello scarso spessore del management Autostrade subito dopo il tragico crollo del Ponte Morandi e non è necessario ribadire qui l'incredibile sequenza di errori commessi a testimonianza della totale impreparazione. Impreparazione che ci lascia oggi ancora più stupefatti leggendo le parole di Mion che confermano che il rischio crollo era chiaro a tutta la catena di controllo manageriale. Impreparazione e parole che, in un tragico gioco di specchi, ci restituiscono l'autenticità di un management (e di una famiglia) superficiale, arrogante, incosciente, incompetente, inetto e meschino.
"Rammarico" è quello espresso da Mion per la sua omertà. Un atteggiamento vile. Vile come quello dimostrato da tutti gli attori di questa tragica vicenda.