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Immagine, percezione e Ponte Morandi

Aggiornamento: 27 apr 2024

Non credo di essere l'unico ad aver trovato sconcertanti le dichiarazioni rese da Gianni Mion, "lo storico braccio destro della famiglia Benetton", e riportate questa mattina dal Corriere della Sera. Le sue parole mi hanno portato a riflettere sulla parola "immagine", sulla "percezione" e su quello che in realtà più che proiettare nasconde.



Foto di Gianni Mion, ex amministratore delegato di Atlantia
Gianni Mion, ex amministratore delegato di Atlantia

Nel corso degli anni le aziende investono in "immagine". L'immagine non è la realtà. L'immagine è la creazione di una percezione. E siccome la percezione è realtà, l'immagine diventa per ciascuno di noi realtà.


L'immagine è un caleidoscopio composto dalla qualità dei prodotti/servizi; dal servizio clienti; dalla "reputazione" (anch'essa frutto di un lavoro di costruzione); dalle pratiche aziendali; dall'identità visiva dell'azienda inclusa la pubblicità. Alcune di queste leve rappresentano elementi di realtà (ad esempio il servizio clienti, o funziona o non funziona) altre invece sono artificiali e servono a "costruire" ad arte una percezione. E' il caso delle grandi campagne pubblicitarie Benetton firmate da Olivero Toscani.


I grandi gruppi investono in "immagine" e così ciascuno di noi crede che dietro ad un grande gruppo ci sia una grande sostanza (manageriale e imprenditoriale). Le storie di Parmalat e di Autostrade (incluse Benetton e Atlantia) e molte altre, ci dimostrano come in realtà l'immagine costruita a tavolino, senza valori autentici e senza un management capace, sia un edificio dalle fondamenta deboli destinato a crollare rovinosamente alla prima crisi. Rivelando nel crollo la vera natura di impresa e imprenditori.


Avevamo già avuto ampia testimonianza dello scarso spessore del management Autostrade subito dopo il tragico crollo del Ponte Morandi e non è necessario ribadire qui l'incredibile sequenza di errori commessi a testimonianza della totale impreparazione. Impreparazione che ci lascia oggi ancora più stupefatti leggendo le parole di Mion che confermano che il rischio crollo era chiaro a tutta la catena di controllo manageriale. Impreparazione e parole che, in un tragico gioco di specchi, ci restituiscono l'autenticità di un management (e di una famiglia) superficiale, arrogante, incosciente, incompetente, inetto e meschino.


"Rammarico" è quello espresso da Mion per la sua omertà. Un atteggiamento vile. Vile come quello dimostrato da tutti gli attori di questa tragica vicenda.



 
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