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«Spillover crises»: il crollo del ponte a Baltimora

Aggiornamento: 19 apr 2024

Il crollo del Francis Scott Key Bridge a Baltimora ieri mattina, come lo era stato quello del Ponte Morandi a Genova, ci ricorda come sempre più spesso le crisi siano oggi di natura esogena, ovvero nascono al di fuori delle organizzazioni e le investono come uno tsunami. In inglese si chiamano "spillover crises".


Il ponte era attraversato da 30.000 autoveicoli al giorno. Il crollo ha bloccato il trasporto marittimo nel Porto di Baltimora - uno dei più grandi degli Stati Uniti - e ha interrotto una parte cruciale della tangenziale della città che è anche un'arteria importante nel trafficato corridoio tra Washington e New York. Le ripercussioni sulle catene di approvigionamento, su tutti i settori economici e sulla vita dei cittadini si faranno sentire per mesi. Non a caso il Presidente Biden si è impegnato ad intervenire tempestivamente per ricostruire nel più breve tempo possibile il ponte e riaprire il Porto.





Sebbene rimangano dispersi 6 operai della ditta Brawner impegnati sul ponte in lavori di manutenzione, il tempestivo lancio di un urgente "mayday" da parte della nave porta container MV Dali subito dopo avere perso potenza e prima di impattare il pilone del ponte ha permesso alle autorità di chiuderlo salvando così numerose vite umane.


In conclusione è importante poter contare su sistemi e organizzazioni che in emergenza permettono di attivarsi istantaneamente.


Ma è anche sempre più urgente immaginare l'inimmaginabile e prepararsi ad affrontarlo. Perché sempre più spesso assistiamo a "spill over crises".



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